Dalla depressione alla speranza con la bioenergetica.
Quando Sofia entra nel mio studio non posso fare a meno di notare il pallore sul suo viso, un bel viso nonostante lo sguardo triste e spento; la postura rassegnata, il respiro sottilissimo, quasi come se il corpo fosse in una semi apnea.
“Sono depressa, praticamente da sempre,e mi sento senza speranze, senza progetti per il futuro, non ho voglia di niente e vorrei rinchiudermi in casa e non dover stare nel mondo. Ho fatto lunghe terapie ma poi torno sempre qui, a questo stato. Mi hanno parlato della terapia bioenergetica e sono qui per provare anche questa, ma a dirle la verità dottoressa, con poca fiducia che ci sia qualcosa per possa davvero aiutarmi a star meglio.”
Sento tutto lo smarrimento di Sofia, la sfiducia e la sua impotente rassegnazione.
L’osservazione del suo corpo, del movimento del respiro e delle sue emozioni non possono che confermare le sue parole e farmi provare empatia per questa donna così stanca della vita e così isolata in un vero e proprio deserto interiore. Ma ci sono anche degli attimi, dei brevissimi istanti, in cui vedo i suoi occhi illuminarsi di una sepolta vitalità…dei flash veloci…e sono quelli gli istanti in cui sento di poterla raggiungere e in cui credo che lei si senta vista e raggiunta da me. Attimi in cui ci contattiamo, entriamo davvero in relazione e scorgo il nucleo vitale di una bambina gioiosa deprivata di qualcosa di fondamentale, molto, troppo precocemente. La bimba continua a vivere nel corpo di un’adulta che mi pare dilaniata da un conflitto struggente tra il bisogno di essere amata e la paura che questo accada. Apre e chiude il contatto con me continuamente e questo è ciò che fa anche nella sua vita, caratterizzata da relazioni intermittenti e interrotte, progetti iniziati e non portati a termine, fasi alterne di fiducia e profonda sfiducia nella vita e negli altri.
La depressione, come ci ricorda Alexander Lowen, è una perdita di forza dell’organismo e di svuotamento della carica energetica, determinata da un’intensa riduzione della quantità e intensità di impulsi vitali e sentimenti. Questo ridotto metabolismo energetico determina un’anestesia nel sentire, una sorta di collasso emozionale e corporeo che rende penoso e a volte insostenibile il contatto con se stessi e con il mondo esterno.
“Sofia mi pare tu ti sia smarrita. Dalle parole che mi porti ho la sensazione che tu ti senta come rarefatta e persa in un deserto a mezz’aria tra te e il mondo esterno.”
“È proprio così”, mi dice Sofia con occhi bassi e tristi.
“Deve essere penoso abitare in un “non luogo” dove non c’è contatto con te e non c’è contatto con gli altri. Mi immagino che faccia freddo lì e ci si debba sentire molto soli”, aggiungo.
A queste mie parole Sofia inizia a piangere, e poi a singhiozzare. Un mare di lacrime trattenute da chissà quanto tempo.
È molto utile che un paziente depresso possa piangere perché ha represso una serie di sentimenti provati spesso nei confronti di una madre che non c’era o non arrivava mai, di una madre emotivamente assente, o di una madre che accoglieva i suoi bisogni e il suo pianto con rabbia e ostilità. La repressione dei sentimenti deprime l’energia dell’organismo. Queste persone non hanno quindi l’energia necessaria per esprimere ciò che sentono e molti dei loro vissuti emotivi dell’infanzia sono congelati nell’ inconscio perché intollerabili a quel tempo.
“Qual è l’emozione che arriva Sofia?”, le chiedo guardandola. Provo tenerezza per quella bambina che intravedo nei suoi occhi e che singhiozza davanti a me con il
mento tremante.
“Un misto di dolore e sollievo. Sento un dolore che arriva da lontano, non so…è una specie di buco nero e mi spaventa anche molto. Ma…stranamente sento anche uno strano sollievo, più leggerezza…e poi mi sento…capita da te”, dice Sofia con un po’ di vergogna nello sguardo.
Spesso il calore della presenza riapre il vuoto dell’assenza con tutte le emozioni rimaste intrappolate in quel buco nero. Una voragine interna che racconta di abbandono, rifiuto, vuoto affettivo. È faticoso ma è anche un’occasione, in psicoterapia, per poter pian piano riattraversare certi antichi vissuti e risanare le proprie ferite dall’interno. Il dolore della negazione e dell’autoinganno è più forte di quello che arriva dalla nostra verità.
Lo stato d’animo depresso è connesso ad un respiro depresso e ad un corpo altrettanto indebolito e de-presso nei suoi impulsi vitali. Le tecniche bioenergetiche, che lavorano sull’apertura del respiro e sulla riattivazione dei livelli di eccitazione energetica nel corpo, conducono prima o poi ad una riapertura di scrigni corporei-emozionali rimossi o repressi. Man mano riemergono il pianto o la rabbia, si riattiva anche l’espressione di altri sentimenti e quindi si riapre uno spiraglio verso il recupero di energia e vitalità.
“Sofia come ti stai sentendo in questo momento?”, le chiedo dopo aver accolto il suo processo emotivo e avergli dato il tempo di fare il suo corso.
“Mi sento frastornata ma meglio di prima…perché, non so, mi spaventa quasi dirlo, ma sento… un pizzico di speranza adesso. Tu come mi vedi? Pensi che io sia un caso senza speranza?”.
“Ah si, decisamente si!”, dico stupendo Sofia, che mi guarda attonita per un istante e poi esplode, insieme a me, in una fragorosa risata.
L’energia riprende a circolare, dentro di lei e tra di noi.
Rivedo la vitalità sepolta di quella bambina.