“Mi ritrovo a fare mille cose e nessuno mi dà mai una mano”, “Stimolo continuamente mio figlio a fare di più ma vedo che diventa invece sempre più passivo”, “Mi piacerebbe fermarmi, ma se non me ne occupo io non la fa nessuno!”. Queste sono solo alcune delle disperate considerazioni di chi fa tanto, fa sempre, fa al posto di…, fa molto, fa troppo… solitamente per non sentire la propria ansia!
Fare diventa un modo per tenere sotto controllo la propria ansia e scaricare inquietudini irrisolte. Questo crea circoli viziosi relazionali per i quali il genitore iperattivo che fa, ad esempio, al posto del figlio, incitandolo solo verbalmente a prendersi le sue responsabilità ma di fatto sostituendosi a lui, non farà altro che spronarlo sempre più alla passività e alla dipendenza. Il capo che non riesce a delegare o attendere e fa tutto prima, subito, velocemente, al posto dei suoi collaboratori non farà altro che renderli sempre meno investiti ed efficienti. Loro comodamente adagiati, sviliti e incapaci di far da sè, lui esasperato e arrabbiatissimo. Il partner che in famiglia si sobbarca tutti i carichi assumendosi più responsabilità di quelle che dovrebbe nei lavori domestici, gestione dei figli, decisioni, scadenze, organizzazione del tempo libero convinto che se non lo fa lui non se ne occuperebbe nessuno, non fa altro che stimolare l’altro partner più tendente all’inattività a svincolarsi da qualsiasi impegno. Il passivo non fa più nulla, l’iperattivo si esaspera ed è costretto a fare sempre di più. Un circolo vizioso tossico in cui ci si accusa a vicenda di essere tremendamente passivi e inattivi o lamentosi e arrabbiati fino allo sfinimento.
In realtà entrambi cercano di tenere a bada la loro ansia in modo differente. L’iperattivo fa a dismisura e anche quando non viene richiesto o non è così necessario per tenere tutto sotto controllo, il passivo glielo lascia fare per lo stesso identico motivo, per gestire l’ansia che gli susciterebbe muoversi, crescere e assumersi le sue responsabilità.
Qualcuno dice che facendo sempre le stesse cose accadranno sempre le stesse cose.
Se vi trovate invischiati in questa danza distruttiva provate a fare qualche esperimento: cosa accade se muovete passi diversi in questa danza?
E se al posto che fare provaste a star fermi? Ad aspettare? E a stare con l’ansia che questo vi suscita e ad attraversarla al posto che agirla con l’iperattività? E se provaste ad accettare che le cose non saranno esattamente fatte come volevate voi o non andranno magari così bene ma fa nulla! Voi forse vi sentirete meno affaticati e risentiti?
Di certo la persona incastrata con voi in questo gioco e che tendeva alla dipendenza non farà i salti di gioia ma forse è l’unico modo per spezzare questo circolo vizioso e riportare equilibri più bilanciati nella relazione e anche dentro voi stessi.
Come mi suggeriva tempo fa un caro maestro: “Fai del tuo peggio”.
Ecco, forse potreste provarci anche voi.
“Non trascurano l’ignoto, né lo negano, né lo fuggono, né cercano di dare a intendere che in realtà sia noto, né lo organizzano, né lo dicotomizzano, né lo catalogano prematuramente. Non si attaccano alle cose famigliari, è la loro esigenza di verità non è un bisogno catastrofico di sicurezza. Di certezza, di definizione e di ordine… possono essere, quando la situazione oggettiva lo esige, confortevolmente disordinati, trascurati, anarchici, caotici, vaghi, dubbiosi, incerti, indefiniti, approssimativi, inesatti e impropri.”
Abram Maslow in merito alle personalità sane.