Accolgo Giulio sull’uscio della porta e prima ancora che entri scorgo nel suo sguardo un’espressione di sconforto e di triste e rassegnata impotenza. Capisco che è uno dei suoi giorni no, quelli in cui gli pare che tutto vada da schifo e che non ci sia alcuna speranza che le cose cambino.
Ci sediamo. “MI sento molto triste”, esordisce Giulio con insofferenza.
“Si, vedo la tua tristezza e il tuo sconforto. Che succede?”, gli chiedo.
“Sono stufo dei miei soliti automatismi, non ne posso più”.
“Puoi dirmi di più?”, provo ad approfondire.
“Si, insomma, di questo mio modo di svalutare sempre gli altri che poi si sentono feriti da me. Io sono certo di avere sempre ragione e spesso fingo di ascoltare il punto di vista altrui, ad esempio quello di mia moglie o di altri ma in realtà penso e sento che io ne so più di loro, che valgo di più, che penso cose più giuste, che so padroneggiare meglio le mie emozioni. Se interviene un parere autorevole mi ricredo, ma altrimenti io non scendo dalle mie convinzioni. Nonostante mi accorgo che questa cosa non va bene e mi crea un sacco di problemi e litigi con mia moglie e con altra gente, io non riesco a farne a meno, è più forte di me e non so nemmeno io perché diavolo faccio così”.
Quando mettiamo in atto alcuni comportamenti in modo automatico siamo in un’area cieca. C’è qualcosa che si muove a livello invisibile e inconsapevole che ci guida indipendentemente dalla nostra volontà. Non abbiamo potere di scelta e reagiamo in modo impulsivo, fulmineo e incontrollabile mossi da un modo abituale di sentire, pensare ed agire che affonda le radici nel nostro passato. Queste abitudini sono rinforzate dalla ripetizione che ha un impatto persino sulla connessione tra le cellule del cervello. Si fortificano le connessioni neuronali legate all’abitudine e si indeboliscono quelle relative a percorsi alternativi. Spesso non ci rendiamo conto della presenza di questi schemi automatici disfunzionali, del potere negativo che hanno sulla nostra vita e nelle nostre relazioni e di quale sia la loro radice. La chiave per sottrarci all’abitudine disfunzionale sta nell’esplorazione di quelle emozioni che si agitano inconsciamente “sotto” i nostri schemi automatici.
Provo a guidare Giulio in questa esplorazione.
“Giulio posso capire che tu sia stufo di restare prigioniero di comportamenti che non scegli e che per di più ti creano non pochi problemi. Hai voglia di provare ad esplorare cosa si nasconde dietro queste tue modalità?”
Annuisce.
“Mi ha colpito una parola che hai utilizzato poco prima. Hai detto io non “scendo” dalle mie convinzioni, e in quel momento io ti ho immaginato in alto, più in alto rispetto a tutti gli altri, collocati in basso. Vorrei farti sperimentare che ti succede lassù. Ti propongo quindi di salire in piedi sulla poltroncina, lasciar andare il tuo respiro e iniziare a metterti in contatto con ciò che ti accade: cosa provi, cosa senti nel corpo, quali immagini arrivano”. La proposta è alquanto bizzarra ma Giulio accetta di buon grado, curioso e stimolato e si mette in ascolto.
“Ah mi sento bene, molto bene, mi sento potente…mi sembra di essere un imperatore e là sotto c’è la plebe”, dice Giulio con un ghigno compiaciuto e quasi sadico.
“Chi c’è tra la plebe? Compare qualche viso noto?”
“Un po’ tutti”
“Tutti chi?”, incalzo io.
“Ah bè…il mio socio…”
“Un imbecille”, dico io per dar voce alla sua svalutazione e Giulio ridacchia divertito.
“Le mie dipendenti”.
“Che deficienti vero?”, continuo il gioco e Giulio ridacchia ancora un po’.
“Mia moglie….” e subito dopo, improvvisamente Giulio cambia espressione del volto, il suo sguardo si spegne da trionfante che era, sembra che il corpo si sgonfi lentamente come fosse un palloncino che è stato bucato, la sua qualità energetica si affloscia.
“Che succede Giulio?”, gli domando
“…Che…che nella plebe…io…io non volevo che accadesse, non mi piace…ma è comparsa mia madre e…non capisco, sento disprezzo verso di lei ma…non voglio sentire questo. “
“Giulio sento che è molto faticoso per te entrare in contatto con questi sentimenti verso tua madre ma spesso proprio in ciò che arriva inaspettato e che ci stupisce sono presenti delle verità che aiutano a riportare sotto la luce della consapevolezza materiale emotivo sommerso. Te la senti di entrare di più in questo vissuto?”.
Annuisce ancora un po’ frastornato da questo vissuto così inaspettato.
“Ti propongo di provare da lassù a dare voce al tuo disprezzo e di sentire cosa ha da dire a tua madre che è laggiù tra la plebe”.
Giulio prende a fatica un respiro come se quella mia richiesta gli togliesse il fiato.
“Mamma, non capisci niente, tu non capisci niente di niente! Tutte le volte in cui ho provato a parlarti di me, a spiegarti la ragione delle mie scelte, a dimostrarti che ero diverso da te…tutte le volte in cui speravo di convincerti che i miei viaggi, le mie meditazioni avevano un significato importante, tu mi hai sempre svalutato, ridicolizzato, deriso e…..mammaaaaaaaaaa, dice Giulio scoppiando all’improvviso in un pianto a singhiozzi, non mi hai mai capito nemmeno da piccolo e io sono rimasto solo nella mia sofferenza, soloooo. E poi mi isolavo da chiunque pensando che anche gli altri, i miei amici non mi avrebbero capito come facevi tu e me ne stavo in disparte come un cane bastonato…si come un cane…e venivo davvero escluso ed emarginato da tutti e allora mi rifugiavo in un bozzolo, nella fantasia, lontano dalla realtà.” Giulio si sgonfia del tutto. Si accascia sulla poltroncina rannicchiato come un bambino e i singhiozzi raccontano di tutta l’impotente disperazione che Giulio ha tenuto dentro.
“Giulio sento che c’è tanta disperazione nelle tue parole e posso capire meglio ora la radice della tua tendenza a squalificare tutti. Sai spesso noi tendiamo a far sentire gli altri come noi stessi ci siamo sentiti. Mi chiedo se la svalutazione che tu somministri a tutti non sia la stessa che hai ricevuto da tua madre. Mi domando anche se l’onnipotenza che ti fa “gonfiare”, sentire potente, che non ti fa “scendere” dalle tue convinzioni ma che ti rende anche solo e distante dagli altri non sia il tuo modo per preservare una fragile autostima e per non vedere tutto questo… e non sentire l’impotenza e la disperazione del Giulio bambino.
“Si, credo sia proprio così”, dice Giulio scuotendo la testa come a disapprovare se stesso. O si sente onnipotente e superiore o stupido, colpevole e impotente, proprio come accadeva con sua madre.
” Non mi piace vedere questi aspetti di me”.
“Si, immagino. I lati più ombrosi del nostro carattere sono difficili da guardare con onestà e tu sei stato oggi molto coraggioso. Giulio, solitamente o sei sul trono o ti senti imbalsamato sotto la terra. Entrambe le posizioni sono scomode e piene di solitudine. Credo che il tuo coraggio di oggi rappresenti il primo passo per riappoggiare i piedi a terra e accorgerti che ci sono tante persone che stanno aspettando di poterti incontrare davvero…e quando questo accadrà quel bambino dentro di te forse non sarà più così triste e solo”.
Giulio abbozza un sorriso. Nei suoi occhi, insieme alla tristezza, pare riaffiorare la speranza.