Diciamocela tutta. Ci viene più semplice lottare contro ciò che non ci piace. Combattere con la scomodità dei nostri disagi, dei nostri conflitti e del nostro malessere. “Se io faccio finta che queste cose dentro di me non esistono, loro andranno via”, ci diciamo. Oppure: “Se le ignoro, non soffrirò.” O ancora: “Se le nego anche a me stesso non dovrò assumermi la responsabilità di scegliere”, “È colpa sua se sto così”. Vi ritrovate? Abbiamo una naturale tendenza ad opporre resistenza ad alcune nostre emozioni e farci la guerra. Ci arrabbiamo perché ci sono, le ripudiamo, le giudichiamo, le rifiutiamo…rifiutando semplicemente NOI.
Questo è uno dei principali meccanismi che determina la stasi del malessere e l’amplificazione dei nostri sintomi, problemi e automatismi distruttivi.
Scegliamo di non incontrarci. Di non vivere radicati dentro i nostri vissuti. Di disconnetterci dalle nostre emozioni e sensazioni corporee o di fingere che non esistano.E questa scelta ha un costo. La perdita della gioia di vivere e della vitalità. Che non è poco.
Citando Alexander Lowen, grande maestro e fondatore della psicoterapia Bioenergetica: “La capacità di provare gioia dipende dal proprio radicamento, che letteralmente significa che i propri piedi toccano e percepiscono il terreno…Molte persone vivono nella testa più che nel corpo, per evitare di sentire sensazioni spaventose e dolorose nel loro corpo.”
Arrenderci è la strada. Che significa mollare la lotta, entrare dentro e sentire.
Cosa significa concretamente?
Quando incontro un’emozione, una sensazione nel corpo, uno stato d’animo che mi crea disagio, fastidio, malessere provo a non combatterlo. Provo ad accettarlo ed accoglierlo. Provo a prendermene cura portando il mio respiro, il contatto della mia mano, la mia attenzione a ciò che sto provando. Divento amorevole con me. Mi prendo per mano con tenera indulgenza.
Le sensazioni che arriveranno, se provo a farlo, potrebbero essere molto intense. Sentirò il mio malessere amplificato. Sto affondando dentro una ferita e naturalmente fa male. Potrei ad esempio sentire la paura di morire di dolore, il terrore di impazzire o potrei temere che la mia rabbia possa distruggere me o chi mi sta accanto. Se in quel momento riusciamo a fare un atto di fede nell’esistenza e a dirci: “IO MI ARRENDO’, CHE SIA QUEL CHE DEV’ESSERE”, qualcosa di davvero profondo si avvia verso la trasformazione. Attraversiamo tenebre spaventose. È una RESA totale alla oscura notte dell’anima. Molliamo. Molliamo la resistenza e la rigidità nel corpo e nella mente e ci abbandoniamo.Ma dopo questo tunnel buio potremo forse sentire, inaspettatamente, ad un certo punto, un senso di pace…che sa di infinito, che sa di amore.