Oggi trovo una Silvia un po’ irrequieta, che fa fatica a connettersi con quello sguardo che ultimamente era diventato più luminoso e che ti raggiungeva anche attraverso lo schermo.
Il corpo ci racconta di come stiamo se lo guardiamo bene e lo ascoltiamo con attenzione e cura, senza giudizio.
Gli occhi poi sono lo specchio dell’anima, si dice, e attraverso il contatto oculare e gli sguardi passano frequenze energetiche potenti.
Silvia, infatti, era avvolta nei suoi pensieri sofferenti di abbandono e di solitudine che hanno preso proprio corpo attraverso il pianto, nel momento in cui l’ho invitata a entrarci più in contatto, per sentire dove la riportavano nella sua storia e nei suoi vissuti emotivi. Erano lacrime quelle che scendevano sul suo viso che erano già pronte a uscire dai suoi occhi pesanti di oggi e che aspettavano solo la possibilità di poter scorrere liberamente.
Quando era molto piccola, Silvia subì una dolorosa e prolungata separazione dalla mamma che purtroppo ha rinforzato in lei la sensazione e la credenza di essere inadeguata e di non andare bene, vissuti che l’accompagneranno a lungo nella sua vita. Questa esperienza si inserisce su uno sfondo di numerose sensazioni quotidiane di non essere stata sufficientemente vista e amata, nel modo in cui avrebbe tanto desiderato. Il papà, anziché essere di supporto alla mamma, era a sua volta bisognoso delle attenzioni di questa donna e per Silvia e la sorella era difficile godere appieno delle attenzioni e delle cure dei genitori.
Invito così Silvia, che si affida ormai alla mia guida nonostante la sua fatica a fidarsi delle persone, a scendere ancora un po’ di più a esplorare le emozioni che accompagnano questa esperienza, la sua paura, il senso di solitudine e di disorientamento. In pochissimo tempo, un intenso senso di abbandono e di terrore di non essere abbastanza voluta dalla mamma prendono il sopravvento in lei. La invito a restare in quel dolore, a guardarlo, garantendole di stare lì con lei, al suo fianco, di avere fiducia.
L’emozione di tristezza si fa intensa, quasi soverchiante, arrivano singhiozzi e continuo a sostenerla perché possa finalmente “dare voce” ed esprimere questo dolore così profondo. Quando ci permettiamo di andare a toccare ed esprimere quel dolore che abbiamo vissuto e che il nostro corpo, in questo momento, ci ripropone in maniera così diretta e vivida, nonostante siano passati decine e decine di anni, e possiamo attraversarlo, si aprono le porte verso nuove scoperte che ci fanno vedere e raggiungere anche bellezze inaspettate.
Il paziente, se è ben accompagnato in questa esplorazione in cui può scendere nelle profondità oscure per attraversarle e poi risalire, sperimenta coraggiosamente che l’emozione della tristezza che può sembrare infinita e senza fondo a un certo punto apre la strada a un’energia che può prendere una forma inaspettatamente diversa ed essere di aiuto.
Improvvisamente Silvia scopre che anche lei ha tenuto lontana la mamma per non rischiare più di sentire quel dolore così lacerante e, come spesso accade, questa è poi diventata una delle sue modalità di stare in relazione anche successivamente. Affiora la consapevolezza che, per sopravvivere lei “ha cancellato” la sua mamma, si è allontanata dal bisogno di lei e del suo amore, si è anestetizzata, ha bloccato le sue emozioni. Si è difesa dal dolore allontanandosi a sua volta e non permettendo più un avvicinamento, questo ha creato distanza ovvero la difesa che andava a proteggere la ferita.
Il pianto della tristezza, della disperazione che stava scivolando nel collasso e nella rinuncia, si è trasformato attraverso l’invito ad accogliere ed esprimere quel dolore, a respirarci dentro, ad addentrarsi, senza che si perdesse in quei meandri che come sabbie mobili l’avrebbero tirata giù nella rassegnazione e nella più che nota energia depressiva, si è trasformato a un certo punto in rabbia. Il suono e la voce che hanno accompagnato e sostenuto le emozioni sono passate da un lamento a un suono più graffiante, la mandibola ha iniziato a protendersi nel momento in cui è apparso davanti ai suoi occhi il papà che si era preso tutto lo spazio, lasciando solo briciole a Silvia e alla sorella mentre avrebbero avuto tanto bisogno della loro mamma.
“Bene Silvia, lascia che l’energia salga ed esprimi quello che stai sentendo, permettiti di dare voce e lascia che esca la tua verità”. Per la prima volta vedo Silvia esprimersi in un movimento affermativo di sé, può chiedere con forza a papà di spostarsi, di lasciarle il suo spazio, di poter avere la possibilità di stare con la mamma. “Ok, ora prova a usare anche il corpo e il movimento delle braccia e dei piedi per poter sostenere con forza questa tua richiesta, riprenditi lo spazio che ti serve”, le dico.
In questo processo molto intenso, Silvia mi segue con fiducia e lascia che la sua energia accresca e dopo essere riuscita a confrontarsi con il papà, trova finalmente la possibilità di incontrare la tanto desiderata mamma.
La tristezza profonda dopo essersi trasformata in rabbia e movimento di affermazione di sé, ora può fare un altro balzo e prendere la strada della commozione e dell’apertura di cuore verso un incontro d’amore.
Questo processo avviene quando entriamo con coraggio nel disvelamento del meraviglioso mondo emotivo che ci abita e che velo dopo velo ci fa incontrare la nostra autenticità, restituendo onore ed energia alle emozioni legate a determinati vissuti e che possono anche restituirci forza.
Finalmente Silvia può lasciarsi percorrere da un forte sentimento d’amore per la mamma, quasi struggente, sente il legame profondo che c’è e c’è sempre stato ma che non poteva vedere perché avvicinarsi ad esso sarebbe stato di nuovo avvicinarsi al dolore dell’abbandono e della paura di poter perdere, un’altra volta, quel legame, che lei aveva davvero sentito di aver perso allora. Non se lo poteva più permettere.
Sentire ora nel corpo quel legame di nuovo vivo, l’amore, quello che pulsa, muove in lei una forte commozione e un’intensa vibrazione viscerale che è proprio energia vitale, è meraviglia, è potenza della vita!
Mentre accompagno e osservo Silvia in questo meraviglioso incontro con la mamma, sento anch’io una vibrazione sotto la pelle, sono commossa da tutto questo processo che apre all’incontro d’amore. Essere testimone e guida di questi momenti è un dono meraviglioso che il mio lavoro mi restituisce molto spesso e che mi fa sentire la grande passione e l’amore per ciò che faccio.
Invito così Silvia a godere di ciò che sta sperimentando, di prendersi tutto il tempo e lei sorride gioiosa e mi dice “è come essere nella pancia di mamma, dove ci siamo solo io e lei, in questo momento è tutta per me e mi sta dando tutto ciò di cui ho bisogno”.
“Resta Silvia”, le dico sentendo tutta la gioia scorrere in me, “quell’amore è tutto tuo, lo puoi sentire nelle tue cellule, nessuno te lo può portare via. Sono contenta di vederti così viva e felice in questo incontro”. Mentre Silvia si nutre della forza profonda del legame, alza lo sguardo commossa, ora i suoi occhi cercano l’incontro e brillano carichi di energia e di amore e mi dice “io sono felice dell’incontro con te”.
Sento allora la potenza del legame, l’importanza di una risonanza che va al di là del contatto fisico (io e Silvia stiamo lavorando attraverso uno schermo e sua mamma dista centinaia di chilometri), eppure si è creata una connessione profonda, densa e viscerale che ha curato un pezzo di ferita.
Sembra quasi miracoloso come attraverso la relazione terapeutica si possano accompagnare le persone in piccoli e grandi momenti di riaperture all’amore ed è proprio così.