Oggi intorno è tutto bianco, c’è la neve, adoro il silenzio, il senso di ovattamento che si crea…
Entro in studio e, come spesso faccio, prendo qualche minuto per lavorare sul corpo e da buona Analista Bioenergetica, difficilmente inizio la giornata senza aver fatto un
po’ di grounding e bend over. Mi servono proprio per centrarmi e connettermi più facilmente con me stessa e con ciò che mi porterà il paziente.
Devo sentirmi io viva, ben radicata nel corpo e nella realtà per poter permettere anche ai miei pazienti di scoprire e accedere alla loro vitalità.
Il lavoro sul corpo è necessario per andare verso l’autenticità di noi stessi.
Ora sono pronta per iniziare il mio primo appuntamento della giornata!
Benedetta arriva con un dolce sorriso sul volto perché anche a lei piace la neve, tutto questo bianco che ci fa sembrare, per un attimo, di vivere in un mondo incantato. Il suo aspetto è quello di una ragazzina e, con la neve, gli occhi le brillano ancora di più.
Appena le chiedo come sta, il sorriso scompare lasciando spazio alla fatica e alla sofferenza. Mi dice che il suo stomaco è sempre chiuso, fa fatica a mangiare, addirittura a scegliere cosa mangiare, fosse per lei non mangerebbe per giorni ma poi ha paura di crollare.
“Le mie giornate sono una lotta”, dice, “devo continuamente combattere contro il mio sentirmi inadeguata sul lavoro e nelle situazioni, mantenere i confini saldi e poi forzarmi a mangiare. Non so nemmeno che cosa mi fa bene e cosa no, quindi a volte mangio pezzetti di cose. Tutto questo è molto faticoso”. Il suo corpo e’ contratto e frammentato e non faccio fatica a immaginare e a sentire ciò che mi sta descrivendo.
Man mano che mi esprime tutte queste sensazioni vedo il suo corpo implodere, ritirarsi, sembra ancora più esile di quanto sia realmente e la voce si fa sottile sottile.
Provo dispiacere nel vedere questa sua tendenza a sparire e a mortificare parti di sè, come se perdesse tutte le sue risorse vitali che, indubbiamente, in diverse occasioni, sono emerse e sono meravigliose!
Le dico, “Benedetta, mi dispiace vedere che ti metti in questi panni così fragili, che a farne le spese sia sempre il tuo corpo e che ti infliggi questa sofferenza, perché ho diversi e recenti ricordi di te in cui hai dimostrato piena forza ed energia nel corpo e questo ti faceva stare in un grande senso di benessere e solidità. Dove è andata tutta quella forza? Sei proprio certa che rischi di non reggerti in piedi?”.
Probabilmente la colgo di sorpresa, ci pensa un attimo e dice: “beh, sì, in effetti quando mi permetto di lasciar andare un po’ questo dolore e mi sento nel corpo, grazie al respiro, al radicamento e alla possibilità di ancorare il mio sguardo a un obiettivo contro il quale lottare, riesco a sentire le mie forze, essere più padrona di me e non è poi tanto facile sconfiggermi!” In quei momenti mi sento davvero bene, molto più grande e adulta.
Questo mi succede solo quando entro in sfida e lotto, quando sono sola invece è molto difficile sentirmi presente a me stessa ed esserci con forza, sento dolore ma vorrei lasciarlo andare e non sentirmi più così piccola, fragile e dolorante. Ma spesso non ci riesco, proprio come in questo momento. Faccio sdraiare Benedetta e le chiedo piano piano di abbandonare il più possibile il
suo corpo al materasso, appoggio la mia mano sul suo ventre e mi sembra di percepire tutte le sue viscere attorcigliate tra di loro, un vero groviglio che non lascia spazio nè al cibo nè al respiro.
La invito ad approfondire il respiro, attraverso l’aiuto della mia voce e del mio contatto e mentre il respiro si fa spazio nel corpo, i suoi organi interni sembrano parlare e ringraziare, iniziano a produrre suoni come se uscissero da un luogo buio e lontano, come se fossero stati reclusi da lungo tempo. La tensione nel suo addome è così forte che Benedetta sembra aggrappata a questo groviglio, le fa male ma fatica a lasciarlo andare, e’ stanca di sentire dolore, ha voglia di liberarsi ma nello stesso tempo non può mollarlo.
Le chiedo “cosa succederebbe se lasciassi andare questa forte tensione?”, “mi sentirei libera!” ma mentre Benedetta pronuncia queste parole, il suo volto non esprime, come ci si potrebbe aspettare, sollievo e possibilità, si contrae invece in una smorfia di paura e di fatica.
La paura proviene proprio dal fatto che la scoperta arriva insieme allo smarrimento.
Che cosa potrebbe succederci quando lasciamo andare qualcosa di familiare per qualcosa di nuovo, anche se ciò a cui siamo aggrappati lo viviamo ormai come disfunzionale?
Ci vuole coraggio per arrendersi al corpo, che, come Lowen ci insegna, altro non vuol dire che concedersi di sentire il corpo completamente, dalla testa ai piedi, con tutte le sue tensioni, i suoi dolori, le storie che ha da raccontarci e i significati che ne derivano. Significa accettare il fallimento di tutti gli sforzi, sentire a fondo il dolore, la disperazione e il bisogno di amore, avere fede nel corpo, fidarsi delle sue sensazioni che esprimono la nostra verità.
Arrendersi al corpo vuol dire sperimentare intensi sentimenti corporei che ci possono portare al pianto singhiozzante, a sentire veramente che cosa ci è accaduto, fino ad accedere alla pancia, liberarsi dalla disperazione perché l’energia possa piano piano ritornare a crescere.
Generalmente, quando c’è assenza di vitalità nel corpo, quel senso di anestesia che ci ripara dal sentire, si vive prevalentemente nella testa e nei pensieri. Ritornare al corpo, alle sue sensazioni e alla sua vitalità può essere faticoso, richiede coraggio ma è necessario.
E il coraggio a Benedetta proprio non manca!
“Come mai ti spaventa sentirti libera?” le chiedo, “perchè sentirei il vuoto! Questo mi terrorizza perchè in quei momenti non mi sento e vorrei sparire, la vita perde di senso. Riesco a percepire la mia forza solo nel momento in cui lotto contro qualcosa ma negli altri momenti mi sento persa, senza energie, mi sento vuota”.
“Comprendo che sia molto penoso e doloroso, cara Benedetta”, la sensazione la percepisco dentro il mio corpo e la invito a continuare a concentrarsi sul suo respiro, ad aumentare la possibilità di prendere e far uscire l’aria.
La esorto anche a usare la voce, a emettere un suono che possa accompagnare questo respiro, in poco tempo arriva un pianto profondo, singhiozzante, il corpo inizia quasi a sussultare, come una vecchia macchina che è rimasta ferma a lungo e al freddo e si cerca di farla ripartire. Sì, una parte del suo corpo è spesso contratto e recluso al freddo, mortificato e riprendere vitalità non può subito avvenire in maniera fluida.
Benedetta inizia a sentire molto calore nella parte anteriore del corpo, brucia addirittura, nello stesso tempo iniziano a crearsi delle vibrazioni che scendono verso le gambe e i piedi e salgono fino alla gola.
Nel corpo di Benedetta inizia finalmente a circolare energia, non è più così frammentato e lei inizia a stare meglio, anche se la sensazione è inusuale.
È avvenuto un processo che non deve essere dimenticato o confinato a un evento occasionale, perché le tensioni croniche sono abitudini antiche, sono delle forme di difese che ci sono state anche utili e necessarie, pertanto l’espressione dell’impulso bloccato deve essere ripetuta molte volte perché la tensione si riduca. Si deve sviluppare la contro-abitudine della piena autoespressione, in modo che questa diventi il nostro modo dominante di essere.
Come dice Lowen e come tutti noi sappiamo questo è un compito che dura tutta la vita, ma via via sarà sempre meno faticoso e più facile.
E’ avvenuto qualcosa di nuovo, Benedetta lo sta sperimentando letteralmente sulla sua pelle, e ora non si sente più così smarrita, si sente più viva e vibrante, più piena e questa per lei è una grande conquista!
Abbiamo aperto la strada al poter sentire pienezza, vitalità, energia e forza, senza necessariamente dover lottare contro qualcuno e questa strada e’ bene continuare a percorrerla.
“Queste risorse Benedetta sono tue, è il tuo corpo che sta sentendo ed è importante che tu l’abbia sperimentato per averne evidenza e per tornare a cercare il più possibile questa sensazione in te”, concludo. Benedetta annuisce, lo sguardo si è illuminato, la sua bocca prende la forma di un sorriso, sta meglio e dice che quando riesce a sentirsi viva e vibrante è meraviglioso ed è come, ogni volta, rimettersi al mondo!
Quando si alza, il suo volto è molto più disteso e luminoso, a tratti richiama la pace e il candore della neve che, soffice, continua a cadere fuori.